L’imposta di soggiorno, anche nota come tassa di soggiorno, è un pagamento richiesto ai turisti in base alla durata del loro soggiorno presso strutture ricettive, nei Comuni che l’hanno istituita. I proventi dell’imposta di soggiorno vengono utilizzati dagli enti per scopi turistici. È importante sottolineare che questa imposta non grava sui residenti, ma solo sui visitatori dei Comuni che hanno deciso di adottarla.
Tutti i turisti, indipendentemente dalla tipologia di struttura ricettiva in cui alloggiano, devono versare l’imposta di soggiorno. Questa tassa è applicata non solo agli hotel, ma anche ai bed and breakfast, affittacamere, agriturismi, case vacanza, campeggi, e così via. Il Decreto Legislativo 2311/2017 ha stabilito che l’imposta di soggiorno deve essere applicata anche alle strutture ricettive “non professionali”. È importante prestare attenzione e versare l’imposta solo nei Comuni che l’hanno adottata.
Nel caso di omissione o mancato pagamento dell’imposta, si rischiano multe significative. La responsabilità ricade sia sul turista che sul proprietario della struttura. Il turista è il soggetto passivo dell’imposta, ma il proprietario può essere sanzionato per aver riscosso l’imposta dal turista senza poi versarla al Comune. Spetta principalmente al titolare della struttura richiedere al turista il pagamento dell’imposta. L’importo varia da Comune a Comune e gli enti hanno la facoltà di stabilire il prezzo giornaliero fino a un massimo di 5 euro. Se desideri maggiori informazioni sul tributo applicato dal Comune in cui soggiorni, puoi consultare il relativo regolamento comunale disponibile sui siti istituzionali dei vari Comuni.
L’imposta di soggiorno è stata applicata per la prima volta in Italia nel 1910 e inizialmente si applicava solo ai Comuni con stazioni termali o località turistiche. Successivamente, con un decreto del 24 novembre 1938, l’imposta è stata estesa a tutti i Comuni turistici italiani. Tuttavia, nel 1988 l’imposta è stata eliminata, ma è stata reintrodotta nel 2010 per la città di Roma e successivamente con il Decreto Legislativo n. 23/2011 è stata data nuovamente ai Comuni la facoltà di reintrodurla. Da allora, sempre più Comuni hanno deciso di adottare questa imposta.
Il calcolo dell’imposta di soggiorno da versare ai Comuni è semplice. Si parte dalla tariffa giornaliera stabilita dagli enti. Ad esempio, se la tariffa giornaliera è di 3 euro a persona al giorno e si soggiorna per 7 giorni, il totale da versare sarà di 42 euro per due persone e 63 euro per tre persone. È importante tenere presente il canone giornaliero e il numero massimo di giorni per cui il Comune ha stabilito l’applicazione dell’imposta. Ad esempio, se il Comune ha stabilito che l’imposta di soggiorno si applica per un massimo di 7 giorni, non sarà richiesta per i giorni successivi al settimo giorno di soggiorno.
È importante notare che le informazioni fornite sono generali e potrebbero variare a seconda del Comune specifico in cui ti trovi. Ti consiglio di consultare il regolamento comunale o il sito web ufficiale del Comune di destinazione per ottenere le informazioni più aggiornate sull’applicazione dell’imposta di soggiorno.
Inoltre, tieni presente che le leggi e i regolamenti possono subire modifiche nel tempo, quindi è sempre consigliabile verificare le informazioni più recenti presso le autorità competenti o chiedere assistenza al personale della struttura ricettiva in cui ti trovi.